In base a una legge del 1938 l'azienda pubblica può chiedere il pagamento della tassa su telefonini, computer e persino alle Poste. E ora la Rai prova a chiedere il canone su cellulari, computer e tutto quello che vi permette di ricevere qualcosa, persino su un soffio di vento se potesse. E' una delle tante eredità del regime fascista, il 'canone di abbonamento', definito in un Regio decreto legge del 1938. Deve pagare chiunque abbia 'apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle radioaudizioni'. All'epoca poteva trattarsi di radio e poco altro. Oggi, invece, si può applicare su gran parte dei nostri adorati giochini digitali. La Rai, infatti, non ha perso tempo. Pretende la tassa non solo per i televisori, ma anche per 'personal computer, decoder e altri apparecchi multimediali'. Non doveva avere spazio nelle sue lettere quest'anno, ma potete giurarci che dall'anno prossimo nel suo elenco inserirà anche iPod, videocellulari, videocamere, riproduttori Dvd e Vhs, macchine fotografiche digitali, e chissà cos'altro ancora. Parlamentari e associazioni di consumatori da oltre un anno chiedono una risposta alle istituzioni: quali sono gli apparecchi atti o adattabili soggetti al canone/tassa? L'Aduc lo ha chiesto al servizio Rispondi Rai, alle sedi regionali della Rai, all'Agenzia delle Entrate, al ministro della Finanza. Lo ha fatto per telefono, per lettera raccomandata a/r di messa in mora e con ben cinque interrogazioni parlamentari. Fino ad oggi, spiegano in un comunicato, ' siamo stati cortesemente ignorati'. L'ultimo tentativo risale a pochi giorni fa, è una richiesta alla Direzione generale del ministero delle Finanze. Contrariamente ad altre forme di richiesta, in mancanza di una risposta, il contribuente può far valere la sua interpretazione della legge, senza incorrere in future sanzioni. Insomma, vale una sorta di silenzio-assenso. Per questo l'Aduc invita tutti i cittadini sprovvisti di televisore, ma in possesso di altri apparecchi multimediali (computer, etc.) per i quali hanno ricevuto una richiesta di pagamento da parte della Rai a proporre quello che si chiama un interpello al ministero delle Finanze. Se non vi sara' risposta, si potrà tranquillamente non pagare piu' il canone/tassa per computer e altri apparecchi multimediali senza rischi di incorrere in sanzioni. L'associazione fornisce anche il modulo a chi ne avesse bisogno. E' la fine di un'odissea dell'associazione iniziata oltre un anno fa. La prima volta che l'Aduc se ne era occupata era risultato che il canone doveva essere pagato anche da chi è in possesso di un videocitofono. Poi le hanno risposto che secondo la legge in vigore (la 246/1938) il pagamento di questa tassa è previsto anche per il turista in visita nel nostro Paese. Una terza ricerca ha rivelato che gli uffici regionali della Rai, l'Ufficio normative e contratti del servizio pubblico, il ministero dell'Economia e delle Finanze ed all'Agenzia delle Entrate non sanno minimamente se anche gli esercizi pubblici debbano pagare il canone speciale di abbonamento qualora in possesso di un computer. L'unica certezza è che esiste una situazione di tacito consenso per cui molti piccoli esercizi commerciali, i cui gestori, per altro, pagano già il canone per casa loro non sono perseguiti per il non pagamento del canone dovuto al possesso di un computer. In altre parole, le manchevolezze della legge vengono supplite dalla sua parziale non applicazione, spiega Donatella Poretti la parlamentare della rosa nel Pugno che sulla ha preentato diverse interrogazioni parlamentari. Infine, le Poste italiane: dispongono di 14.000 uffici dotati agli sportelli di 'apparecchi atti o adattabili' come prevede la legge del 1938 e quindi sono soggetti al canone così come qualsiasi privato cittadino. 'Inutile dire che le poste italiane probabilmente sono i maggiori evasori di questa tassa', conclude Donatella Poretti. Circa 13.018.880 euro. (Flavia Amabile - La Stampa)