Se andassimo in giro a chiedere "conosci la radio in onde medie ?", a
malapena saprebbero rispondere le persone dai cinquant'anni in su. Eppure le
onde medie italiane - quasi completamente abbandonate dalla RAI a favore prima
della modulazione di frequenza e, tra non molto, dell'ancora sperimentale
sistema digitale - potrebbero risorgere a nuova vita.
Il 18 agosto entra in vigore la "legge europea 2014" (n. 115 del 2015), che
all'articolo 4 prevede che "le frequenze radio in onde medie a modulazione di
ampiezza (AM) possono essere assegnate dal Ministero per le trasmissioni di
radiodiffusione sonora, (...) anche a soggetti nuovi entranti". Viene così posto
termine ad un divieto contro il quale la Commissione Europea avviò nel 2012 una
procedura di infrazione, riconoscendo così anche agli operatori privati la
possibilità di trasmettere in onde medie, fino ad ora monopolio della RAI. Ora
si devono attendere i provvedimenti attuativi che Autorità per le Garanzie nelle
Comunicazioni (AGCOM) prima, e Ministero dello Sviluppo Economico poi, dovranno
adottare per assegnate le frequenze ai nuovi operatori in onde medie.
A dire il vero, qua e là per l'Italia, specie di sabato e domenica, alcuni
pionieri delle onde medie - rischiando il sequestro da parte della Polizia
postale e delle comunicazioni - da qualche anno stanno già trasmettendo, forti
del principio che quella di comunicare in onde medie (in ambito locale) è una
libertà tutelata dalla normativa europea e, prima ancora, dalle sentenze della
Corte costituzionale italiana pronunciate al sorgere delle radio in FM.
Ci
auguriamo che le Autorità non vogliano reprimere il fenomeno proprio adesso che
anche la legge ha riconosciuto e fatto proprio un principio già esistente nel
nostro ordinamento giuridico.
La nuova legge è importante non solo per l'ingresso di nuove voci
nell'etere italiano (ci auguriamo con una programmazione rivolta al territorio
di riferimento, come era stato negli auspici delle prime radio in FM), ma anche
perché riguarda uno storico spicchio di frequenze alle quali, abbandonate ormai
sia dalle grandi emittenti internazionali sia dai servizi locali, viene ora data
un'occasione di evitare lo spegnimento totale.
Il grande pubblico, infatti, deve sapere che gli innegabili vantaggi
(pulizia del segnale, facilità di sintonizzazione, pluralità di servizi) offerti
da mezzi di comunicazione quali internet ed i satelliti potrebbero essere pagati
a caro prezzo, in quanto tali mezzi facilmente verrebbero spiati, controllati o,
addirittura, distrutti se cadessero preda di pochi soggetti privati (con
inevitabile monopolio) o pubblici (con conseguente dittatura). Per quanto
riguarda, invece, le trasmissioni in standard digitale (DAB o DRM), che tra non
molto saranno oggetto di offerte commerciali anche per la radiofonia italiana ,
l'esperienza del digitale terrestre televisivo ha insegnato che la ricezione
sarà possibile solo se il segnale giungerà in perfette condizioni agli appositi
radioricevitori.
Le stazioni radiofoniche in onde medie, invece, pur se con un audio di
qualità inferiore, andranno a beneficiare di una fedeltà del segnale a lunga
distanza e di un affollamento minore di quello che ora strangola la modulazione
di frequenza. Proviamo solo a pensare all'utilità per la protezione civile, in
quanto le onde medie garantirebbero - grazie alle stazioni radio posizionate in
zone non colpite da calamità - l'informazione necessaria alle popolazioni
residenti in zone disastrate, che avrebbero invece visto messi istantaneamente
fuori uso i consueti mezzi di comunicazione quali tv, rete telefonica fissa e
cellulare, internet (compresi i relativi hardware portatili) e le stazioni radio
locali in FM.
Basterà solo possedere una radiolina a pile (dotata, però, della gamma
d'onda contrassegnata con OM, MW oppure AM). Nei prossimi mesi, giriamo la
manopola a cercare queste nuovi voci, all'inizio incerte o forse ingenue, che
stanno a dirci che forse la voglia di comunicare non è morta.
Giorgio Marsiglio