venerdì 9 settembre 2011

Radio delle Rose, la prima e unica stazione offshore italiana

E’ cosa nota che le prime radio libere europee iniziarono a trasmettere su navi ancorate al di fuori dei limiti territoriali dei singoli stati sovrani. L’ordinamento vigente su un battello posto in acque internazionali è quello del paese dove esso è registrato, sicché se la nave batte bandiera di un paese che non vieta trasmissioni radio e non ha recepito accordi internazionali in materia, essa è soggetta solo alla normativa del paese d’origine. Sulla base di questo grimaldello giuridico nacquero nel nord Europa, negli anni 60, Radio Nord e Radio Veronica, stazioni “pirata” in AM che ben presto sarebbero state emulate da altre emittenti, che aggirarono così i rigidi monopoli statali per la trasmissione via etere. E in Italia? Invero, la struttura orografica della nostra penisola rendeva più complessa l’attuazione di tale stratagemma: l’illuminazione dal mare di città significative sul piano editoriale, politico e commerciale (come Milano e Roma) avrebbe imposto l’utilizzo di potenze che mal si sarebbero conciliate con le ristrette risorse elettriche di cui una stazione trasmittente posta su una nave avrebbe potuto disporre; inoltre il mare Tirreno, dalla scarsa profondità, non avrebbe consentito l’ancoraggio extraterritoriale in condizioni di sicurezza, mentre l’area prospiciente a Napoli era presidiata dalla base USA che evidentemente avrebbe impedito qualsiasi approccio in tal senso. Poteva, invece, essere adatta allo scopo una porzione del mare Adriatico, segnatamente al largo di Rimini: ed è proprio lì che nell’estate 1968, pur in maniera non continuativa, avrebbe trasmesso, in modulazione di ampiezza, programmi satirici, di politica, di protesta (per i motivi di cui diremo d’appresso) e musica alternativa, “Radio Delle Rose”, stazione pirata fondata dall’ingegnere bolognese Giorgio Rosa e collocata su una piattaforma artificiale (chi dice costruita ad hoc, chi essere una stazione per l’estrazione di gas naturale dismessa), ovviamente posta al di fuori delle acque internazionali, acquisita e battezzata, appunto, come Isola delle Rose o “micronazione”. Stando a Wikipedia (da cui sono tratte le informazioni che seguono), la piattaforma che avrebbe ospitato la prima e unica stazione radio pirata italiana offshore sorse tra il 1958 ed il 1962 a 11,612 km al largo della costa italiana, in prossimità di Torre Pedrera, nel comune di Bellaria-Igea Marina, dunque a 500 metri al di fuori delle acque territoriali italiane. L'Isola confinava esclusivamente con acque internazionali, ad eccezione del lato sud-ovest dove avevano limite le acque territoriali italiane. La superficie dell'Isola delle Rose era di 400 m² (0,0004 km²), mentre quella delle sue acque territoriali di 62,54 km² (attualmente in posizione quasi simile si trovano le Piattaforme Metanifere dell'Agip). Per tutto il 1965 ed il 1966 proseguirono i lavori di armamento della struttura, ma molto lentamente, poiché per le avverse condizioni meteomarine si poteva operare per non più di circa tre giorni a settimana. Il 23 novembre 1966 la Capitaneria di Porto di Rimini intimava di cessare i lavori privi di autorizzazione, poiché la zona era in concessione all'Eni. Il successivo 23 gennaio anche la Polizia s'interessava della vicenda, richiedendo conferma che si trattava di lavori sperimentali. Il 20 maggio 1967 alla profondità di 280 metri dal piano di calpestio dell'isola fu trovata, per perforazione, una falda di acqua dolce. Il 20 agosto 1967 l'isola aprì al pubblico. L'isola artificiale dichiarò l'indipendenza il primo maggio 1968, instaurando un governo costituito da un Presidente del Consiglio, che era ovviamente Giorgio Rosa, dei Dipartimenti e da cinque Dipartimenti, suddivisi in Divisioni ed Uffici. Vi era il Dipartimento Presidenza, con a capo Antonio Malossi; il Dipartimento Finanze, presieduto da Maria Alvergna; il Dipartimento Affari Interni, con a capo Carlo Chierici; il Dipartimento dell'Industria e del Commercio, capeggiato da Luciano Marchetti; il Dipartimento delle Relazioni, con a capo l'avvocato Luciano Molè; infine il Dipartimento degli Affari Esteri aveva al vertice Cesarina Mezzini. La primavera riminese del 1968, come la precedente estate, vide grande traffico marino dalla costa italiana verso l'Isola delle Rose e viceversa, destando crescente preoccupazione da parte delle forze dell'ordine italiane che vi assistevano impotenti. Fu proprio in conseguenza di tali fatti che Rosa avrebbe dato il via alle trasmissioni radio, con l’intento, da una parte, di far ulteriormente parlare dell’iniziativa, dall’altro, di esprimere in maniera diretta, senza filtri mediatici, i propri intendimenti. Tuttavia, gli ostacoli tecnici al progetto radiofonico sarebbero stati molto più significativi del previsto, sicché la stazione avrebbe trasmesso solo in maniera altalenante e con bassissima potenza. Le azioni di Rosa furono viste dal governo italiano come uno stratagemma per raccogliere i proventi turistici senza il pagamento delle relative tasse, supponendo che l’Isola delle Rose fosse in acque territoriali italiane. Presto la Repubblica Italiana dispose un pattugliamento di motovedette della Guardia di Finanza e della Capitaneria di Porto vicino la piattaforma, impedendo a chiunque, costruttori compresi, di attraccarvi, di fatto ottenendo un blocco navale. In quel momento l’Isola delle Rose aveva soltanto un abitante stabile: Pietro Bernardini che, dopo aver naufragato nel Mare Adriatico durante una tempesta, raggiunse la sicurezza della piattaforma dopo 8 ore in mare; successivamente egli prese in affitto la piattaforma per un anno. Qualunque fosse il motivo che stava dietro alla Micronazione di Rosa, il Governo italiano rispose rapidamente e con durezza: 55 giorni dopo la dichiarazione d’indipendenza, martedì 25 giugno 1968 alle 07:00 del mattino, una decine di pilotine della Polizia con agenti della D.I.G.O.S., dei Carabinieri e della Guardia di Finanza circondarono l'isola e la occuparono di fatto militarmente, prendendone possesso, senza alcun atto di violenza, con un’azione ai limiti del diritto internazionale, non contestando alcun reato o illecito, né violazioni alcune sulle leggi di polizia doganale, fiscale, sanitaria o di immigrazione. All'isola fu vietato qualunque attracco e non fu consentito al guardiano, Pietro Ciavatta, ed a sua moglie, uniche persone al momento sull'isola, di sbarcare a terra. Il Governo della Repubblica Esperantista dell’Isola delle Rose inviò un telegramma al Presidente della Repubblica Italiana Giuseppe Saragat per protestare "la violazione della relativa sovranità e la ferita inflitta sul turismo locale dall’occupazione militare", ma fu ignorato. È dell'8 agosto 1968 il Dispaccio del Ministero della Marina Mercantile, indirizzato alla Capitaneria di Porto di Rimini, la quale, il 17 agosto 1968, fece notificare a Gabriella Chierici il proprio Decreto n° 2/1968 del 16 agosto 1968, con il quale si intimava alla società costruttrice l'infrastruttura, la S.P.I.C., nelle persone del suo Presidente Gabriella Chierici e del suo Direttore Tecnico Giorgio Rosa, di provvedere a demolire il manufatto al largo di Rimini, con avvertenza che in difetto si sarebbe proceduto alla demolizione d'ufficio. Il 27 agosto 1968 il Rosa notificò un ricorso in sede giurisdizionale (il n° 756/68) della S.P.I.C., con la richiesta di sospensiva cautelare del decreto. Il 27 settembre 1968 venne trattato in prima udienza il ricorso, una seconda seduta si tenne l'8 ottobre ed in questa sede il ricorso venne respinto. Il 6 ottobre 1968 qualche giurista propose, invano, al Rosa di promuovere un ricorso al Consiglio d'Europa di Strasburgo, ma il successivo 29 novembre 1968 arrivò a Rimini un pontone della Marina Militare Italiana, che sbarcò a terra tutto quanto vi era di trasportabile dall'isola. Sul pontone si prepararono anche le cariche di esplosivo che avrebbero dovuto essere collocate sull'isola per la demolizione. Il 22 gennaio 1969 il Pontone della Marina Militare Italiana salpò per l'Isola delle Rose, per la posa dell'esplosivo per la distruzione, mentre l'11 febbraio 1969 sommozzatori della Marina militare italiana, demoliti i manufatti in muratura, e segati i raccordi tra i pali della struttura in acciaio dell'Isola delle Rose, la minarono con 75 kg di esplosivo per palo (675 kg totali) per farla implodere e recuperare i detriti (perché pericolosi per la pesca).Tuttavia, fatte brillare le cariche, l'isola resistette. Dopo 2 giorni, il 13 febbraio 1969 vennero applicati per ogni palo 120 kg di esplosivo (ben 1.080 kg totali), ma la nuova esplosione fece solo deformare la struttura portante dell'isola, che non cedette. Mercoledì 26 febbraio 1969 una burrasca fece inabissare l'Isola delle Rose. L’affondamento, ed il successivo smantellamento, durato una quarantina di giorni, fino a circa metà aprile 1969, decretarono la fine, anche fisica, della Repubblica Esperantista dell’Isola delle Rose, anche se per qualche tempo il Governo operò in esilio. Le pretese di sovranità, indipendenza e di diritti internazionali acquisiti dai proprietari della piattaforma, erano quasi tutti infondati, in quanto i cittadini italiani anche fuori dall'Italia devono sottostare alle leggi statali (questo in estrema sintesi si evince dal saggio sulla “Rivista di Diritto Internazionale” del 1968). L'isola, inoltre, fu accusata di "intralcio alla navigazione". (M.L. per NL)