Finita l’università, nel lontano 1997, mi presi un periodo di
pausa e riflessione. Fu in quel periodo che iniziai ad andare in bicicletta.
Iniziai a farlo solo per riprendere un po’ di fiato e di forma fisica. Dopo un
po’ di tempo, però, mi accorsi che da semplice sport e passatempo la cosa si era
trasformata in qualcosa d’altro. Quando si viaggia con la macchina (o con la
moto) non ci si rende conto. Con la bicicletta, invece, è diverso. Quando
arrivavo in un posto (distante 50 o 60 km) cominciava a sorgere dentro di me una
sensazione di soddisfazione e di benessere. Il posto che avevo raggiunto, lo
avevo raggiunto esclusivamente con le mie forze, con i miei muscoli. Ecco quindi
che anche 50 km diventavano, per me, un traguardo entusiasmante. In questi
giorni mi è capitato di ripensare a quel periodo anche se in un altro contesto.
Sto, infatti, rileggendo un vecchio libro sulla radio. In questo libro vengono
proposti dei semplici progetti per la realizzazione di radio “Old Style”.
Iniziando dalla radio a galena, per passare, poi, all'uso di semplici
transistor, passando attraverso la realizzazione di apparecchi a reazione,
reflex, a valvole. Il libro in questione si intitola: “Primo avviamento alla
conoscenza della radio” di Ravalico edizioni Hoepli del 1979. Questo libro mi fu
regalato da mio padre. Da buon padre voleva incentivare il mio interesse,
manifestato in quel periodo, per la radio e per l’elettronica. Fu il libro che
mi fece aprire una finestra sull'elettronica e sulla radio. Condensatori,
resistenze, transistor, termini che fino a quel momento non erano ancora entrati
nella mia vita. Rileggendo, in questi giorni, quel libro mi è venuta in mente
l’idea di iniziare a realizzare i progetti riportati. Iniziando dai più semplici
per poi passare, via via, a quelli più complessi. In effetti, se ci si pensa
bene, è come andare in bicicletta! Ascoltare, con un ricevitore di ultima
generazione ed usufruendo di potenti antenne, l’america in onde medie, se pur
eccitante, è quasi un evento scontato. Realizzare con le proprie mani un
ricevitore, anche molto semplice, avrebbe potuto darmi quella sensazione di
conquista provata vari anni fa andando in bicicletta? E’ proprio in quest’ottica
che pochi giorni fa mi sono messo a lavoro. Come punto di partenza, anche da un
punto di vista storico, ho deciso di realizzare una radio a cristallo (Fig.1).
E’ detta a cristallo perché non possiede alcuna valvola o transistor, ma
soltanto un piccolo cristallo di germanio. Funziona senza pile e senza prese di
corrente. Sono le stesse onde radio in arrivo, captate dall'antenna, che gli
forniscono l’energia elettrica per funzionare.
Fig.1 Schema elettrico
Le sue parti essenziali sono : il circuito di sintonia
(induttanza e condensatore variabile), il diodo rivelatore al germanio e la
cuffia d’ascolto. Il circuito di sintonia serve, appunto, a sintonizzarsi con
l’apparecchio trasmittente; il diodo provvede a convertire il segnale radio in
segnale audio; le cuffie servono a far ascoltare le voci e i suoni. La prima
difficoltà che ho trovato è stata quella di reperire i componenti. Trovare diodi
rivelatori al germanio e condensatori variabili ad aria non è facile ma non
impossibile. Vani sarebbero stati tutti i miei propositi senza l’aiuto di
internet. Santo GOOGLE, devo dire, mi ha salvato anche questa volta. Leggendo
anche documentazione in rete ho deciso di utilizzare il diodo al germanio della
serie OA 95. Dopo varie ricerche ho trovato il diodo in questione sul sito
www.benedettimauro.com/oldradio/ . Oltre ai diodi qui ho trovato anche qualche
condensatore ad aria (quello che ho usato per la realizzazione della radio in
questione è un variabile a doppia sezione ognuna di 500 pF), barrette in ferrite
(per la realizzazione di induttanze per le future radio), supporti in ceramica
per bobine, barrette d’ancoraggio (utilizzate in passato al posto dei circuiti
stampati), filo in rame rivestito in seta (anche questo molto utile per le
future realizzazioni). L’altra difficoltà riscontrata è stata reperire il filo
in rame smaltato da 0,5 mm per la realizzazione dell’induttanza. Sembra strano
ma acquistare filo in rame smaltato è davvero complicato. A parte 2 rocchetti
acquistati dal sito sopra citato, sono riuscito a trovare il materiale in
questione in un laboratorio nella mia città specializzato nella riparazione di
macchinari industriali. Qui, infatti, sono soliti aggiustare i trasformatori che
utilizzano proprio il filo in rame smaltato. L’ultima difficoltà è stata quella
di reperire le cuffie. Si avete capito bene le cuffie. Bisogna infatti precisare
che, per apparecchi di questo tipo, le comuni cuffie che si trovano sul mercato
non sono adatte. C’è bisogno, infatti, di cuffie ad alta impedenza, da 1000 a
2000 ohm. Oggi abbondano sul mercato cuffie a bassa impedenza (8-32
ohm) per l’ascolto di apparati ad alta fedeltà. Sono invece pressoché
irreperibili, ormai, le cuffie ad alta impedenza. Anche qui, facendo delle
ricerche su internet, ho trovato questo sito www.radioreceiverset.com. Qui sono
riuscito a reperire due “antiche” cuffie ad alta impedenza. Sono cuffie d’epoca.
Una di queste due cuffie, secondo la descrizione
fatta sul sito, è di fabbricazione tedesca, utilizzata dall’esercito tedesco.
Sullo stesso sito ho trovato altro materiale interessantissimo per il mio scopo.
Anche qui è possibile reperire condensatori variabili (anche se il prezzo è un
po’ alto), componenti per la costruzione di radio a galena (rivelatori a baffo
di gatto).Una volta reperito tutto il materiale mi sono messo all'opera. La
prima cosa che ho realizzato è stata l’induttanza.
Fig.2 Schema per la realizzazione dell’induttanza
Secondo le specifiche tecniche riportate sul libro (Fig.2),
la bobina era realizzata su un tubo bachelizzato di 35 mm di diametro esterno;
intorno ad esso era fatto un primo avvolgimento (L1), di 10 spire di filo di
rame smaltato, da 5 decimi (0,5 mm). A questo primo avvolgimento seguiva un
secondo avvolgimento (L2), di 90 spire, fatto con lo stesso filo da 5 decimi.
Questo secondo avvolgimento presenta la particolarità di essere provvisto di una
presa, quella necessaria per il collegamento al diodo rivelatore. Questa presa
(fatta in corrispondenza della 30 spira) va fatta creando un piccolo occhiello (Fig.3),
dopo di che si continua l’avvolgimento.
Fig.3 Realizzazione della presa alla 30° spira
Prima di collegare il diodo bisogna avere l’accortezza di
raschiare lo smalto. Anche in questa fase ho riscontrato una piccola difficoltà!
Reperire oggi un cilindro di cartone bachelizzato è pressoché impossibile. Per
il mio scopo ho utilizzato un tubo in PVC (quelli che si usano per realizzare
gli impianti idraulici nelle case) di 32 mm di diametro. Purtroppo questi tubi
sono fatti secondo misure standard e non c’è modo di reperirne uno di 35 mm.
Secondo calcoli fatti, però, la differenza rientra di gran lunga nei limiti di
tolleranza. La presa alla 30° spira serve per rendere più selettivo
l’apparecchio. Si può anche fare a meno di tale presa, e collegare il diodo in
corrispondenza dell’ultimo avvolgimento; il risultato è che i segnali si sentono
più forti, ma è più difficile separare le emittenti locali (si perde di
selettività). Questa è stata la fase relativamente più impegnativa (il filo di
rame durante l’avvolgimento tende a scaricare energia potenziale, comportandosi
come una molla, e molto spesso si e’ costretti a ricominciare l’avvolgimento;
inoltre bisogna stare attenti affinché il filo non si attorcigli). Terminata la
realizzazione dell’induttanza ho completato il circuito con il diodo rivelatore
e il condensatore variabile (Fig.4).
Fig.4 Realizzazione tridimensionale della radio su basetta
Ho realizzato il tutto utilizzando, come supporto, una
tavoletta di legno su cui, come si vede dalla figura in basso, ho provveduto a
fissare delle basette di ancoraggio per la presa di terra, l’antenna e le
cuffie. Per poter funzionare, l’apparecchio necessita di una presa di terra. Nel
mio caso ho usufruito della vicinanza di un termosifone. A tale scopo possono
essere utilizzate anche altre soluzioni: la tubatura dell’acqua, la rete del
letto (se metallica). Ultimo requisito è l’antenna. C’è infatti bisogno di
un’antenna molto lunga. Seguendo sempre le specifiche tecniche del libro si
consiglia l’uso di un filo di rame lungo almeno 25 metri. Nel mio caso ho
utilizzato il dipolo per le HF lungo 40 metri. Ecco come si presenta la mia
realizzazione (Fig.5).
Fig.5 La mia realizzazione pratica
Giunti a questo punto mi rimaneva una sola cosa da fare!
Ascoltare…Confesso che non avevo mai fatto nessuna esperienza di ascolto con
radio a cristallo. Quale sarà la qualità sonora? Cosa ascolterò? Funzionerà o
avrò buttato soldi tempo e fatica inutilmente? Erano questi i pensieri che si
affollavano nella mia mente mentre mi accingevo ad effettuare gli ultimi
collegamenti (all’antenna, alla presa di terra e alle cuffie). Talmente era
tanta l’emozione che mia moglie ha deciso di immortalare il momento fatidico! (Fig. 6)
Fig. 6 Funzionerà o no?
L’emozione e le aspettative erano tante ma appena messe le
cuffie… Beh non vi nascondo la mia delusione. Non si sentiva niente! Quasi
incredulo continuavo ad ascoltare il nulla. Velocemente facevo mente locale
sulle cose che potevano essere andate storte e su cui potevo lavorare per
riuscire nel mio intento. All'improvviso però una voce! Si era proprio una voce.
Un labile suono. Con il passare del tempo quel flebile segnalino diventava
sempre più forte. Preso dall'emozione ho cominciato a lavorare sul condensatore
variabile per riuscire a centrare meglio il segnale. Non riesco ancora ora a
descrivervi quello che ho ascoltato. La sensazione è stata quella di ascoltare
delle voci provenienti dal nulla. Voci eteree. Devo dire ora, a mente fredda ed
esasperando, che nessuno può definirsi radioascoltatore senza aver fatto questo
tipo di esperienza. Mentre ascoltavo quei deboli segnali mi venivano in mente le
prime esperienze condotte da Marconi e, chissà perché, mi ritornava in mente un
articolo letto chissà dove riguardante le radio, molto semplici (realizzate con
una spilla e una punta di matita), realizzate nei campi di prigionia durante la
II° guerra mondiale. Una volta assodato che l’apparecchio funzionava un’altra
sfida si affacciava nella mia mente. Identificare l’emissione che stavo
ascoltando. La cosa, se ci si pensa, non è affatto banale, non disponendo di
alcun frequenzimetro ma solo di un vecchio condensatore variabile e considerando
le condizioni estreme dell’ascolto che stavo effettuando (evanescenza e fading
ai massimi livelli). Il punto di partenza per riuscire ad identificare quello
che stavo ascoltando è stato, prima di tutto, il progetto da me seguito. Il
diodo utilizzato (OA95) e la bobina realizzata (vedi sopra) secondo le
specifiche mi suggerivano (se la radiotecnica non è un’opinione) che il range di
frequenza da considerare era quello delle onde medie. Come si può vedere dalla
Fig. 6, per riuscire ad identificare l’emissione ho usato, contemporaneamente
alla radio a cristallo, il mio icom 75. Durante l’ascolto giravo il VFO dell’icom
nel range delle onde medie per cercare di sintonizzare la stessa trasmissione
che stavo ascoltando. Devo dire che ho trovato più difficoltà in questa fase che
durante tutta la realizzazione pratica. Mi ci e’ voluta una nottata e una
mattinata per raggiungere lo scopo ma alla fine ce l’ho fatta. 1251 Khz dalla
Libia con furore! Sto già pensando alle prossime realizzazione tecniche di cui,
in seguito, vi informerò. A questo punto, invece, voglio proporvi un’idea.
Perché, se ci sono altre persone interessate all’argomento, non creare un gruppo
che si dedichi a questa branca del radioascolto che io ho definito Vintage
Monitoring (Monitoraggio D’Epoca)? Se volete contattarmi potete farlo
all’indirizzo : NoSpam_osensei@nospam_martialart.it