mercoledì 21 dicembre 2011

Perchè non possiamo non dirci analogici

Chiedo scusa a Benedetto Croce per averlo cosi' malamente citato nell'intitolare questo articolo, ma forse riuscira' meglio l'ispirazione di un grande filosofo, piu' di quella di un eventuale tecnico, a guidare la stesura del testo.

Da piu' parti si sente dire che il futuro della Radio e' digitale, ma coloro che vedevano la luce nei primi anni del DAB oggi hanno in gran parte gia' dato l'esame di maturita', mentre il DAB e' ancora allo stato embrionale. Gestazione lunga? No: aborto rinviato... per troppo tempo. Proprio nel mondo tecnologico digitale, se una tecnologia non attecchisce significativamente entro il primo anno o due dalla sua presentazione sul mercato, la si dichiara morta e si passa ad altro. Altri settori tradizionali della tecnologia ammettono tempi piu' lunghi, ma la tecnologia digitale corre assai veloce e non puo' permettersi di perdere tempo e denari nell'ostinarsi a proporre al mercato qualcosa che non funziona. E non funziona non solo e non soltanto in termini prettamente tecnici, ma anche e soprattutto in termini "filosofici": allontanare la Radio dalla sua natura di mezzo per l'ascolto universale, ad accesso libero, pratico ed economico, equivale ad ucciderla.

Non serve che ci dilunghiamo sullo stato della radiofonia in Italia piu' ancora che altrove. La concessionaria pubblica soffre di una crisi di identita' dalle molteplici origini che la porta a proporre un'offerta che nel migliore dei casi sa di vecchio o di goffa imitazione di modelli piu' marcatamente commerciali, le radio libere non esistono sostanzialmente piu' e l'offerta in FM consiste in larga parte di playlist musicali piu' o meno tematiche che riempiono gli spazi lasciati/concessi dai grandi network commerciali. Della crisi esistenziale della radiofonia RAI si constatano gli effetti in modo particolare nelle onde medie e corte, praticamente abbandonate in quanto considerate a torto obsolete ed energivore. Abbandonate le onde medie e corte, abbandonata l'unica radiofonia dal respiro internazionale che l'ente di Stato poteva avere.

Delle webradio non voglio nemmeno parlare, perche' qui voglio parlare di Radio e quelle non sono radio. Un giorno, qualcuno si accorgera' che per servire con una webradio lo stesso bacino di utenza potenziale ottimamente servito da un trasmettitore da 5 kW in onde medie bisogna consumare una potenza multipla di 5 e allora, forse, ci sara' qualche ripensamento. Ma torniamo alla radiofonia digitale e chiediamoci: perche' dopo 10 anni e piu' essa e' ancora molto di la' da venire? Io ritengo che la risposta sia filosoficamente semplice: perche' complicare e' contro natura.
 
La natura tende al semplice, all'equilibrio. La radiofonia digitale e' complicata da realizzare tecnicamente, il suo funzionamento e' insoddisfacente e la sua miglior caratteristica (il suono di qualita' "digitale") in sostanza non interessa. E non interessa a tal punto che gli stessi broadcaster hanno chiaramente issato bandiera bianca sul tema specifico conferendo alla qualita' sonora dei programmi un livello che nel migliore dei casi letteralmente si vergogna di fronte ad una tranquilla FM... e neanche stereo. L'imposizione della radiofonia digitale sul mercato, se lo si vuole a tutti i costi, non puo' che avvenire in virtu' di atti forzosi, imposti per Legge, come e' avvenuto per la TV. Alla vecchia, cara, TV analogica non mancava nulla per adempiere egregiamente al suo compito: tutti (e senza dover cambiare forzatamente apparecchio o ingombrarsi la vita con un altro scatolotto da collegare e un altro telecomando da perdere in giro per casa) potevano guardarsi i soliti 6 o 7 canali nazionali e qualche tv locale, oltre alla pay-tv per chi poteva permettersela. Un centinaio di canali dove si cucina tutto il giorno, si dipingono pareti, si addestrano cani o si pescano carpe non significa ampliare l'offerta ne' aumentare il pluralismo. E' solo spreco di banda e di corrente. Detto per inciso, si vedeva pure meglio, ma lasciamo perdere... ad una qualita' di vita mediocremente scarsa ci siamo ormai assuefatti e non solo riguardo alla TV. La TV ha una forza mediatica di ordini di grandezza superiori a quella della Radio. Puo' sopravvivere a certe forzature.
La Radio no. Se si facesse una ipotetica transizione al digitale negli stessi termini nei quali si e' fatta per la TV, la gente non correrebbe a comprare ricevitori DAB (che peraltro non troverebbe sugli scaffali). Semplicemente, spegnerebbe la radio e guarderebbe, semmai possibile, ancor di piu' la TV.

Io penso che, se la radiofonia digitale avesse avuto qualche chance di successo, oggi sarebbe una realta' consolidata. Se non ha sfondato fino ad oggi, non sfondera' mai piu' e sarebbe opportuno smettere di sprecarci dei soldi in inutili e sterili sperimentazioni. Credo piuttosto che andrebbe ritrovato e rinnovato il vero spirito della radiofonia, quello spirito che vede nella liberta' di manifestazione del pensiero, nell'universalita' e nella semplicita' di accesso al mezzo radiofonico le sue linee guida. Le Onde Medie, questo bellissimo giardino abbandonato dai suoi distratti proprietari, oltretutto decaduti, devono essere riscoperte e valorizzate grazie a nuovi operatori, nuovi entusiasmi e nuove opportunita' di impresa.
Lo Stato, per cortesia, se non di agevolare, cerchi quantomeno di non ostacolare questo moto di rinnovamento che viene dal basso, da giovani ed intraprendenti operatori che non chiedono niente a nessuno, se non di poter inseguire e realizzare con serenita' e sicurezza il loro sogno imprenditoriale. Sogno dal quale non pensano certo di trarre i milioni facili  (in questi ultimi tempi meno che mai...), ma di trarre soprattutto soddisfazione per aver realizzato qualcosa di buono e di utile per la societa'.

Il tutto, rigorosamente... analogico.

Roberto FURLAN


Testo liberamente utilizzabile anche in forma rielaborata a condizione che:
- non vengano alterati o resi poco comprensibili i concetti espressi
- venga comunque citato l'autore come fonte originaria
- sia comunque conservato il testo originale per futuri riferimenti